ROMEO TOFANI ( Il paziente)
ROBERTA SARTI (La psicoterapeuta)
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Prima edizione nel 2022
di Gabriele Freytag con Roberta Sarti e Romeo Tofani SINOSSI: Spettacolo sulla psicoterapia. L'ultimo paziente di una psicoterapeuta è un uomo che deve affrontare la morte della figlia a seguito di un incidente. Questo sarà per lei motivo per riflettere sul rapporto con suo padre. CITAZIONE : Non so perché sono qui. Non saprei come funziona. Questa cosa è per me un po’ strana. Potevo immaginarne di tutti i colori, ma non questo: di essere qui su questa sedia NOTE DI REGIA: Questo testo affronta una tematica molto importante che può avere risvolti importanti anche in termini sociali. Ringrazio sicuramente Gabriele per avermi affidato questo gioiello e per la libertà di ‘’farlo mio’’, gli attori Roberta Sarti e Romeo Tofani che hanno dato corpo ai due personaggi per come io, da lettore, li avevo immaginati 31 ago - ROMA - Hell Fire Club
9 nov - MONCALIERI - Aretè Teatro SI PARLA DI NOI :
Lo scontro in questa drammaturgia efficace è fra i "dinosauri" e i "gorilla". Per "dinosauri" la protagonista femminile, psicoterapeuta interpretata da Roberta Sarti, intende se stessa e i suoi colleghi, a suo avviso, in via di estinzione a causa della già quasi scontata alternativa alla psicoterapia preferita da sempre più numerosi pazienti: l'antidolorifico / l'ansiolitico popolarmente chiamato "la pillola". Chi sono i "gorilla" e perché bisogna andarli a vedere, scopritelo da soli guardando lo spettacolo. Lo svolgersi di questa faccenda è un autentico viaggio. Viaggio nei termini spaziali e temporali. Le sedute psicoterapeutiche sono più un pretesto per raccontare l'incontro di due individui alle prese con lo stesso trauma: quello della perdita immancabilmente legato alla colpa. I dialoghi tra la terapista e il paziente interpretato da Romeo Tofani sfociano in una possibile soluzione ai loro problemi. In attesa di quella soluzione, l'autrice del testo ci fa camminare per i bui corridoi del sapere scientifico e della metodologia delka cura terapeutica, mentre la regia è abile nel rendere questi passaggi visibili e tangibili. La terapista si preoccupa di essere moderna, ovvero, cerca di individualizzare il suo approccio al paziente. Mentre la terapia classica prettamente detta le chiederebbe l'uso dei metodi "ripetibili e standardizzati". Le contraddizioni che la torturano non sono poche. Come, ad esempio, il suo subire l'effetto dei drammi altrui su di sé, restare coinvolta dal dolore del paziente in prima persona. La deontologia professionale, da una parte, e, dall'altra, l'empatia nei confronti del paziente e la sintonia con lui venuta a crearsi nell'animo della terapista, si contrappongono. L'umano vince sullo scientifico. Ma prima si risale all'origine del trauma, si scende nell'abisso del dolore per poter uscire dal suo vortice. Aiutando il paziente a superare il suo trauma, la terapista sembra porre fine anche al proprio dolore. La regia è precisa nel riportare tutte le tappe di questo viaggio alla ricerca di sé. È indimenticabile una scena senza parole in cui il paziente costruisce aeroplanini di carta. Prima lo fa da solo, poi viene aiutato dalla terapista. È molto visibile la tortuosa e oscura via della ricerca medico-scientifica. È resa teatralmente palese anche la voglia di entrambi i protagonisti di "vivere senza malinconia", gli accenni del brano "Vivere" di Enzo Jannacci sono un filo rosso che unisce varie parti dello spettacolo. Gli aeroplanini di carta diventano via via un mazzo di fiori che viene messo in un vaso di vetro in cui si versa l'acqua. L'effetto è una strana sensazione di rottura di codici e di convenzioni teatrali. Se l'acqua e il vaso sono veri, la mente chiede pure i fiori veri. Se i fiori sono di carta, sarebbero ben accetti un vaso e l'acqua del tutto finti. L'unione di oggetti veri e non innesca in chi guarda una moltitudine di domande su cosa esattamente sarebbe vero e cosa solo attendibile nella storia, nei personaggi, nel gioco teatrale. Un'altra azione che accende su di sé i riflettori dell'attenzione è quella che esegue il braccio del protagonista maschile (Paziente) che blocca il braccio della Terapista intenta a lanciare gli aeroplanini come prima lo faceva il Paziente stesso. Il Paziente comunica con questo breve, ma plateale gesto il suo rifiuto a parlare dell'infanzia e di sua figlia della cui scomparsa si sente in colpa. È un gesto con cui si riassume quasi tutto quello che accade fino ad allora sul palcoscenico. È un bel riferimento a Michael Cechov e al suo studio sul gesto psicologico. "Vai a vedere i gorilla" è uno spettacolo per i veri conoscitori del teatro, ma anche per chi è privo di cultura teatrale. È costruito in un modo da riuscire gradevole a uno spettatore di qualsiasi estrazione culturale e sociale. Uno spettacolo che unisce elementi di psicoterapia e di arte-terapia divenuta così diffusa negli ultimi tempi. Andare a vedere questi "gorilla" portati in scena non può che fare del bene. Olga Matsyna per QCultura |